testo di Monica Brao
Memorie di Tino del Grì (Giovan Battista Piacenza, classe 1929) e Nuccia (Caterina Rabbia, classe 1930)
a me gentilmente narrate un giorno di quasi autunno del 2016 nella loro tenuta di Tait Picheta.
Il miracolo della statua di sant’Anna
ritrovata, pur restando persa
“…e come per miracolo ecco che, sulle acque furiose del Gesso,
la nostra Santa Patrona uscì dalla Cappella passando dall’unica porta esistente.
Era ben salda sulle assi di legno che le facevano da basamento
e che un poco la sollevavano dall’umile pavimento fatto di sola terra battuta.
Uscì e tutti videro che era ancora illuminata dai due candelabri posti ai lati,
e che tutte le candele erano accese. Tutte quante.
Uscì con tutti i suoi dorini al collo e ai polsi.
Uscì dalla sua secolare casa
traballando sulle acque infuriate piene di sassi e legname spezzato,
ma uscì in piedi. Può sembrar strano, ma così rimase.
Si fece ammirare un poco da tutti noi e dai suoi monti,
poi, ruotando più volte davanti alla Cappella che intanto stava crollando, ci salutò.
Per sant’Anna e la piccola Maria era giunto il momento d’affrontare
il triste destino e seguire il corso furioso delle acque.
Ed è così che tutti noi, fuggiti a Tait Bertola e con le lacrime agli occhi,
la vedemmo allontanarsi sempre più nel buio, fino a scomparire.
Ed è così che perdemmo la nostra sant’Anna,
la nostra Santa Patrona.
La tristezza ci avvolse. L’acqua ci aveva portato via tutto:
cappella, calice, campana e Colei che ci aveva sempre protetti.
Presto, però, ci giunse notizia che in quel di Bombonina
la nostra sant’Anna si era adagiata sulle rive sabbiose del fiume.
Aveva solamente un dito di una mano rotto
e al collo portava ancora i suoi dorini.
Pieni di speranza
alcuni di noi partirono per riportarla tra la sua gente,
tra i suoi monti,
ma laggiù gridavano al miracolo.
Sant’Anna non ci venne restituita.
Ahimè, sant’Anna fu persa”.